“Piccoli terremoti”, “piccole pesti”, “bambini ribelli e maleducati” sono solo alcune delle etichette che quotidianamente vengono attribuite ai bambini con Disturbo da Deficit dell’Attenzione ed Iperattività (ADHD).
Rappresentano una minaccia per la quiete delle scuole di ogni livello in quanto non sono in grado di seguire le rigide regole sociali richieste in tali contesti.
Negli ultimi anni l’attenzione nei confronti di tali problemi sembra incrementata parallelamente all’aumento dei bambini iperattivi e disattenti all’interno delle scuole.
Molti ritengono che il numero crescente di casi diagnosticati con ADHD sia imputabile agli incalzanti ritmi di vita cui, fin dalla primissima infanzia, le mamme abituano i propri figli. Il tempo sembra essere limitato e le attività che vedono il bambino impegnato anche nelle ore extra-scolstiche è davvero considerevole.
Superate le teorie della «disfunzione cerebrale minima» e dell’incapacità dei genitori nel prendersi cura dell’educazione dei propri bambini, attualmente, tuttavia, sembra più accreditata l’ipotesi secondo cui alla base del Deficit Attentivo vi sarebbe un’interazione di fattori genetici, neurologici - biologici e ambientali.
Ancora molti sono i dubbi e le incomprensioni a livello diagnostico, anche se, nel panorama mondiale, il DSM-IV con i suoi criteri sembra essere lo strumento diagnostico più accreditato.
Ai fini di un intervento educativo mirato e “speciale” per il bambino ADHD, è assolutamente importante poter disporre di dati valutativi certi, frutto di un lavoro meticoloso condotto da un’équipe specializzata.
Chi è il bambino iperattivo?
Il Disturbo con Deficit Attentivo ed Iperattività (ADHD, acronimo dell’inglese Attention Deficit Hyperactivity Disorder) è una patologia neuropsichiatria ad esordio in età evolutiva caratterizzata da una triade di segni comportamentali quali:
ð difficoltà di attenzione sostenuta: tale deficit si manifesta sia in ambito scolastico che in contesti sociali. La difficoltà maggiore per tali bambini consiste nel tenere desta l’attenzione per un periodo di tempo prolungato e nel persistere su un compito fino al suo completamento. Le loro produzioni scolastiche sono spesso incomplete e disordinate; difficilmente riescono a conseguire gli obiettivi programmati per la classe. Tale difficoltà può avere pesanti ripercussioni non soltanto in ambito scolastico ma anche nella vita sociale per l’apprendimento di abilità motorie, pratiche e linguistiche.
La disattenzione è facilmente individuabile nei bambini con iperattività mentre in assenza di quest’ultima, come nel caso delle bambine definite “sognatrici ad occhi aperti”, è più probabile che rimanga inosservata ed essere confusa con disinteresse o svogliatezza da parte dell’alunno;
ð iperattività caratterizzata da eccessiva attività motoria e verbale spesso inadeguata al contesto e alle situazioni;
ð impulsività: molti ritengono che «la distraibilità, la disorganizzazione, i problemi con i coetanei, l’apparente inabilità nel pianificare e nell’anticipare le conseguenze delle proprie azioni (…) dipende dal fondamentale problema di non essere in grado di aspettare. Alla base del DDAI vi è la relativa incapacità di desistere dal rispondere a qualunque cosa sia più interessante o più remunerativa in quel momento».[1]
Tale caratteristica si mantiene stabile nel tempo e si manifesta con incapacità a rispettare il proprio turno in situazioni ludiche, nell’agire prima di aver valutato attentamente le conseguenze, nel fornire la risposta prima che sia stata completata la domanda. Le ripercussioni più gravi, tuttavia, si hanno in ambito sociale. Il bambino impulsivo, infatti, solitamente attraversa la strada senza fare attenzione ai veicoli, può saltare da altezze considerevoli, picchiare un compagno anche senza valide giustificazioni. Tali azioni, anche se involontarie, spesso determinano reazioni negative da parte delle persone che circondano il bambino come l’evitamento o l’allontanamento dal gruppo dei pari.
Non si tratta, pertanto, semplicemente di bambini distratti, troppo vivaci «ma di bambini con alterazione neurobiologica che impedisce loro di selezionare gli stimoli ambientali, di pianificare le proprie azioni e conseguentemente controllare i propri impulsi».[2]
Solitamente l’esordio dell’ADHD si manifesta intorno ai sette anni, quando il bambino entra nella scuola.
In alcuni soggetti, tuttavia, è possibile individuare delle anomalie comportamentali, particolarmente marcate già intorno ai tre anni. Molte mamme di bambini con diagnosi di Disturbo da Deficit di Attenzione ed Iperattività (ADHD) riferiscono di forte irritabilità e frequenti problemi di sonno, appetito, tendenza al pianto ed episodi di coliche fin dalla primissima infanzia e che diventano più evidenti con l’età.