CHI SONO

Laureata con lode in Pedagogia e Scienze Umane all'Università di Macerta "; ha conseguito il titolo di Pedagogista Clinico attraverso Master di specializzazione in “Pedagogia Clinica” presso la scuola di pedagogia “In Dialogo” di Civitanova Marche". Ha conseguito il Master universitario di I livello in "Didattica e Psicopedagogia dei Disturbi Specifici di Apprendimento" presso l'Università degli Studi del Molise.

Iscritta all’albo dei Pedagogisti Clinici presso la P.ed.i.as. (Pedagogisti e Educatori Italiani Associati) di cui risulta referente per la regione Emilia Romagna.

Applicatrice P.A.S. (Programma di Arricchimento Strumentale – Metodo Feuestein) I livello, P.A.S. Basic, Bright Start.

Esperta in Valutazione dinamica del Potenziale di Apprendimento (metodo Tzuriel).

Insegnante di ruolo (scuola primaria) presso l’ Istituto Comprensivo Miramare di Rimini (Rn).

Svolge attività di consulenza pedagogica a famiglie, istituzioni scolastiche e organismi sociali.


Si occupa di:

· Prevenzione e trattamento delle difficoltà di apprendimento e dei Disturbi Specifici di Apprendimento: dislessia, disgrafia, discalculia.
· Formazione
· Progettazione
· Sperimentazione
· Ricerca didattica


Svolge intervento abilitativo e riabilitativo in ambito educativo e pedagogico per l’età evolutiva.


ATTIVITA’ SIGNIFICATIVE



- Referente per la Prevenzione delle Difficoltà Specifiche di Apprendimento, A.S. 2006/2007 presso Direzione Didattica V Circolo di Rimini.

- Progettazione e realizzazione del progetto “Prevenzione delle Difficoltà di apprendimento per la classe prima”, presso Direzione Didattica V Circolo di Rimini, a.s. 2006/2007.

- Funzione Strumentale per la Documentazione e Formazione, A.S. 2007/2008 presso Direzione Didattica V Circolo di Rimini.

- Funzione Strumentale per la Formazione, A.S. 2008/2009 presso Direzione Didattica V Circolo di Rimini.

- Referente per la dislessia e la Prevenzione dei Disturbi Specifici di Apprendimento, A.S. 2008/2009 presso Direzione Didattica V Circolo di Rimini.

- Progettazione e realizzazione del progetto “Prevenzione delle Difficoltà di apprendimento per la classe prima”, presso Direzione Didattica V Circolo di Rimini, a.s. 2008/2009.

- Ideatrice e referente per il progetto d’istituto “F.I.P.A. – Formare-Informare-Prevenire-Agire – Prevenzione delle difficoltà di apprendimento” , dall’anno scolastico 2010/2011 e a tutt'oggi.

- Funzione strumentale per i Disturbi Specifici di Apprendimento e Bisogni Educativi Speciali, presso l'Istituto Comprensivo Miramare di Rimini, per l'a.s. 2014/2015.

- Collaborazione con il Centro Educativo Italo Svizzero "Remo Bordoni" di Rimini, da ottobre 2013.











CONTATTI

Rimini, Rimini, Italy
Riceve per appuntamento Tel: + 39 339 1417587 Fax: 0541 1601967 E-mail laurapecoraro1@tin.it

sabato 25 ottobre 2014

DIFFICOLTÀ SPECIFICHE DI APPRENDIMENTO - Gli strumenti compensativi e dispensativi



GUIDA PRATICA PER GLI INSEGNANTI




COSA FACCIO?
…elaboro un percorso

·        Ottica di accettazione
·        Didattica inclusiva
·        Didattica metacognitiva
·        Da favorire le strategie compensative
·        Insegnare l’uso di strumenti compensatavi
·        Da adottare le misure dispensative

Prima di tutto

L’insegnante deve:

• Accogliere realmente la “diversità”, studiarla, comunicare serenamente con il bambino e dimostrargli comprensione.

• Parlare alla classe e non nascondere il problema (un modo è chiedere ad ogni bambino della classe di esporre ai compagni una loro difficoltà).

• Spiegare alla classe il perché del diverso trattamento che viene riservato in varie occasioni ai dislessici.

• Utilizzare le risorse dei compagni di classe assegnando ad esempio un Tutor al bambino dislessico.

•Collaborare attivamente con i colleghi.

• Comunicare continuamente con i genitori.

• Comunicare e interagire con i servizi ASL.

• Riguardo la scuola Materna e il primo ciclo di  scuola Elementare: conoscere le tappe di acquisizioni della scrittura e della lettura e sapere condurre il lavoro fonologico e meta fonologico.

• Riguardo la scuola elementare:riconoscere le tipologie degli errori ortografici, saper fare un bilancio della lettura nella propria classe, fare un
lavoro metacognitivo sulla lettura, lavorare sulle abilità di studio,

•Valutare tenendo conto dei punti di partenza.

In pratica l’insegnante dovrebbe

• Procedere con un insegnamento sistematico con molte ripetizioni della stessa struttura o dello stesso contenuto, ma con modalità diverse, per far sì che l'allievo mantenga l'attenzione

• Controllare spesso con domande flash se quanto è stato spiegato o è stato oggetto di
applicazione gli è sufficientemente chiaro.

• Riprendere sempre all'inizio della lezione quanto è stato spiegato la volta precedente.

• Incoraggiarlo a chiedere ogni qualvolta qualcosa non gli è chiaro e gratificarlo con commenti positivi.

• Evitare lo studio mnemonico di parole e dati.

• Evitare di farlo scrivere alla lavagna.

• Leggergli più volte le consegne delle verifiche o degli esercizi ed accertarsi che gli siano chiare.

• Assegnare verifiche più brevi.

Valutare

• Valutare in modo costruttivo, separando sempre l'errore
dal contenuto.

• Dare indicazioni precise su come attuare i miglioramenti.

• Mettere pochi segni rossi, fai attenzione all'impegno, dai consigli per migliorare.

• Predisporre verifiche scalari: la parte iniziale deve essere più semplice e anche leggermente ingrandita, poi più difficile, il testo deve essere chiaro graficamente,
possibilmente su un unico argomento.

• Lasciare usare liberamente gli strumenti di compensazione: calcolatrice, tavola pitagorica, tabelle con le formule, striscia dell'alfabeto, cartine geografiche piccole e portatili, linee del tempo, tabelle varie a chi lo richiede, senza evidenziare chi ha difficoltà.

• La valutazione sulla scheda deve riflettere il percorso dei ragazzi e registrare i loro progressi.

Indicazioni di lavoro per alunni con DSA

ASCOLTO

 • E’ necessario che l'insegnante legga più lentamente, se possibile registri in anticipo su
cassetta/CD e permetta all'allievo il riascolto.

• Assegnare solo prove d'ascolto in cui l'allievo deve semplicemente crocettare domande di vero/ falso che non devono essere numerose ed essere lette, anche da una voce sintetica tenendo conto della difficoltà per l'allievo di leggere correttamente la domanda e di ricordare la domanda mentre cerca la risposta scritta (deficit di memoria di lavoro).

PARLATO

• Prima di assegnargli un argomento da studiare, lavorare in classe producendo alla fine schemi e tabelle in modo collegiale.

• Assegnargli sempre un argomento chiaro e definito.

• Quando deve riferire concetti/contenuti studiati a casa lasciargli utilizzare mappe, schemi costruiti da lui.

• Nelle funzioni comunicative semplici, di vita quotidiana già note, interagire con lui, dandogli un input ogniqualvolta sia necessario.

LETTURA

• All’inizio permettergli di usare gli archetti

• Evitargli la lettura ad alta voce

• In qualunque situazione (test/verifica/esercizio in classe) leggere per lui a voce alta, per più volte.

• Favorire l'utilizzo di un lettore con sintesi vocale fornendo le verifiche su supporto informatico.

COMPRENSIONE

• Utilizzare i colori

• Dividere il brano in sequenze

• Fare uso dell’ anticipazione


Sintesi vocale

SINTESI VOCALE
• È l'applicativo che trasforma il testo digitale in audio, quindi una buona sintesi vocale riuscirà a simulare adeguatamente la lettura umana

SOFTWARE GESTIONE
• Software che gestisce la sintesi vocale: serve per "comandare" la sintesi, quindi avvia il testo da leggere, regola la velocità di lettura, gestisce la voce sintetica a seconda della necessità dell'utilizzatore.

Software

• Carlo mobile II legge pdf e ha una sintesi di qualità ( loquendo)
• LeggiXme (sintesi free)
• Pdf XChange Viewer (free)


Consentire l’uso di scanner e dei libri digitali (BiblioAid)

Le schede

Per un bambino dislessico la lettura diventa meno difficile se il testo ha queste caratteristiche:

• Carattere chiaro

• Interlinea 1,5 o 2

• Spazi laterali di almeno 1cm e mezzo

• Paragrafi ben separati

Per la scrittura

Come iniziare la produzione:

a. si può procedere tramite l'uso di vignette con parole-chiave, quindi si chiede di "raccontare" il tutto, anche oralmente.

b. si può assegnare un testo non complesso (da leggergli) inerente un argomento,con
domande vero/falso e poi passare alla stesura del testo.

c. Successivamente si può chiedere di produrre una mappa (o la si produce
assieme) e sulla base di questa gli si chiede di "raccontare" il tutto.

d. Si possono usare gli schemi.

È importante:

• Non considerare gli errori ortografici.

• Permettere l’uso del computer e del correttore ortografico.

• Permettere l’uso del programma per dettatura.


Lo schema grafico

• Per ogni tipologia testuale esistono varie forme di schematizzazione.



Come presentare la grammatica?

• Lavorare con colori

• Usare simboli

• Associare un esempio

• Semplificare gli esercizi

Soprattutto è importante

• Evitare qualsiasi esercizio di traduzione o di semplice applicazione meccanica delle
strutture grammaticali, ma assegnare esercizi di scelta multipla o di vero/falso, dando se possibile, un esempio della struttura richiesta e non il termine grammaticale (come tale in genere non viene recepito).

• Uso delle tabelle per l’analisi.

• Uso delle grigie di sintesi grammaticale e logica.

• Uso dei programmi di dettatura.

Il porta errori

• Basta fotocopiare le regole ortografiche e metterle in un porta biglietti da visita e farla utilizzare tutte le volte che devono correggere un testo.



Per lo studio

• È meglio programmare le interrogazioni

• Insegnare a prendere appunti

• Preparare schemi su cui studiare

• Permettere di usare il registratore

• Insegnare l’uso dello scanner

• Utilizzare il libro in formato digitale

• Utilizzare la multimedialità


Per il numero

• Tutti noi possediamo nella nostra architettura mentale dei “serbatoi”, dei “magazzini”, dove è possibile codificare il risultato di semplici calcoli numerici; ciò consente di recuperare questi risultati in tempi brevissimi e soprattutto senza dover ogni volta eseguire operazioni di conteggio.
Bambini normalmente efficienti risolvono il calcolo 3x4 in tempi inferiori al secondo e senza dover ricorrere a forme di conteggio (3x1=3, 3x2=6 ecc.; oppure 3+3+3+3).

• Questa abilità, che manca alla maggioranza dei discalculici evolutivi, consente di svolgere il calcolo in automatico, quindi libera potenzialità a disposizione della parte concettuale e del problem solving.

Risolvere un problema

1 LEGGERE (per comprendere)
Leggo il problema, se non lo capisco lo faccio leggere ad un mio compagno

2. PARAFRASARE ( con le parole proprie)
Evidenzio le informazioni importanti (dati e domanda) espongo il problema con parole mie.

3. VISUALIZZARE (un’immagine o un diagramma)
Immagino il problema come fosse un film, poi faccio il disegno o uso il materiale scrivo i dati in modo completo.

4. IPOTIZZARE (un piano per risolvere il problema)
Decido quanti passaggi e operazioni sono necessari scelgo l’operazione adatta:

+ ADDIZIONE trova il TUTTO, COMPLESSIVAMENTE

X MOLTIPLICAZIONE trova il TUTTO,
COMPLESSIVAMENTE ( le quantità si ripetono)

- SOTTRAZIONE trova il RESTO o la DIFFERENZA

: DIVISIONE trova le PARTI (ogni, ciascuno)

5. FARE UNA STIMA (prevedere la risposta)
Arrotondo i numeri, risolvo il problema a mente e scrivo la previsione

6. CALCOLARE ( fare il calcolo)
Eseguo le operazioni nell’ordine giusto, uso le tabelle o la calcolatrice

7. VERIFICARE (assicurarsi che tutto sia giusto)
Verifico i calcoli con la prova o con la calcolatrice.
Eseguo il diagramma e scrivo la risposta in modo completo.

Per la matematica

• Lasciare usare la tavola pitagorica

• Permettere l’uso la linea delle unità di misura

• Permettere l’uso di tavole per la geometria

• Permettere l’uso della calcolatrice

• Non pretendere il calcolo orale

Le domande e le operazioni

• In TUTTO, COMPLESSIVAMENTE
+ ADDIZIONE

• In TUTTO, ripetuto tante volte
COMPLESSIVAMENTE
X MOLTIPLICAZIONE

• Quanti in meno? Qual è la DIFFERENZA
- SOTTRAZIONE
• Quanti per ciascuno? Quanti ogni?
: DIVISIONE



Misure dispensative

• Studio mnemonico delle tabelline.

• Tempi più lunghi per prove scritte e per lo studio, mediante una adeguata organizzazione degli spazi ed un flessibile raccordo tra gli insegnanti.

• Organizzazione di interrogazioni programmate.

• Assegnazione di compiti a casa in misura ridotta.

mercoledì 24 novembre 2010

LA PREVENZIONE PEDAGOGICA DELLE DIFFICOLTA' DI APPRENDIMENTO SCOLASTICO



Negli ultimi anni i disturbi dell’apprendimento in età evolutiva sono stati oggetto di numerose indagini da parte non soltanto della pedagogia clinica, ma anche della psicologia dello sviluppo e della didattica. Le recenti indagini epidemiologiche rilevano un’incidenza nella scuola elementare che oscilla tra il 5 e il 10%; questo significa che in ogni classe ci sarebbero in media uno o due alunni con questo tipo di difficoltà.


L’attenzione dedicata a tali disturbi nasce dalla constatazione che il poterli individuare precocemente genera la possibilità di predisporre interventi e strategie mirati nei cosiddetti casi “a rischio” e di ridurre nettamente la percentuale di bambini che dovrà essere inviata al Servizio Sanitario per una diagnosi e un intervento specialistico.


L’età prescolare è un periodo fondamentale per la costruzione delle abilità specifiche per poter affrontare gli apprendimenti di tipo scolastico; quasi sempre un disturbo cognitivo tra i 4/5 anni comporta difficoltà negli apprendimenti scolastici. La qualità e la quantità di tali apprendimenti, infatti, richiede sin da subito un’efficienza ottimale di gran parte delle funzioni cognitive (percezione, memoria, elaborazione delle informazioni, abilità nei processi associativi, etc.) che devono essere attivate già a partire dalla scuola dell’infanzia mediante interventi mirati e pensati per rispondere in maniera “clinica” alle caratteristiche soggettive dei bambini.



Significato di prevenzione pedagogica

Non essendovi al riguardo una bibliografia di riferimento adeguata a descrivere la pratica preventiva applicata al mondo della pedagogia, per riuscirne ad esplicitare al meglio significato e ambiti di applicazione, SI è ritenuto opportuno procedere in duplice direzione: facendo riferimento al contesto sanitario e all’etimologia.


Il termine “prevenzione” (deriva dal latino prae-venio = vengo prima o, meglio, intervengo prima) attiene prevalentemente all’ambito medico-sanitario e consiste nell’attuazione di provvedimenti adeguati ad impedire l’insorgenza di una particolare malattia. 


Facendo riferimento all’etimologia del sostantivo “pedagogia” (dal greco paidagogia – pâis/paidòs “fanciullo” e ágein “condurre”) si conviene, tuttavia, che la pratica preventiva è tipica anche delle scienze pedagogiche poiché il loro scopo è quello di individuare i processi di aiuto allo sviluppo umano, le condizioni che lo agevolano o lo ostacolano e di predisporre progetti educativi adeguati alle caratteristiche soggettive degli individui.[1] La pedagogia deve, pertanto, assumere la prevenzione come obiettivo principale da perseguire.


Sulla base di tali assunti, si ritiene opportuno pensare la prevenzione pedagogica delle difficoltà di apprendimento, al pari della prevenzione sanitaria che agisce a livello primario, secondario e terziario, come un’ azione mirata e programmata che agisce a livello: 


· primario: come azione di informazione-formazione sulle tematiche inerenti le difficoltà d’apprendimento scolastico, condotta mediante attività di counseling o momenti di formazione vera e propria in seminari o corsi condotti da personale esperto; si attua sull’ambiente (inteso come insieme di fatti e fenomeni che caratterizzano l’attività dell’ individuo nella comunità in cui è inserito) e sull’uomo.


· secondario: intesa come somministrazione di test di screening per l’individuazione precoce dei soggetti a rischio di Disturbi dell’Apprendimento Scolastico e degli individui che possono presentare décalage in una o più aree deputate all’apprendimento della letto-scrittura e del calcolo;


· terziario: agisce sulla popolazione a rischio e consiste nella predisposizione e attuazione di interventi educativi mirati a colmare le lacune evidenziate dal test di screening. 


L’assetto clinico si configura, pertanto, come assunto che ispira qualsiasi pratica pedagogica: la singolarità dei casi individuali, dei gruppi, delle situazioni e degli ambienti risulta indispensabile per progettare interventi educativi pertinenti al caso e, quindi, contestualizzati.


Qualsiasi programma di prevenzione pedagogica deve tener conto dello specifico contesto nel quale trova sviluppo, degli atteggiamenti, delle ideologie e delle pratiche educative tipiche di quel particolare ambiente. La sua riuscita dipende fondamentalmente dall’interazione di fattori che vanno al di là delle concezioni teoriche che lo hanno ispirato. Coinvolgendo una pluralità di persone, il programma di prevenzione pedagogica media tra le aspettative dei suoi ideatori e la quotidiana pratica educativa scolastica, per favorire la nascita di atteggiamenti e scelte educative più attenti alle esigenze dei singoli.


Tutto ciò implica una maggiore consapevolezza, da parte dei soggetti coinvolti, dei principi che guidano la propria prassi scolastica nonché di una piena e sicura conoscenza delle fasi dello sviluppo infantile e del funzionamento intellettivo.


A tal proposito i concetti di sviluppo e intelligenza si collocano in una posizione di primissimo piano poiché è soltanto dalla conoscenza adeguata dell’andamento di sviluppo “normale” fisico e intellettivo che è possibile individuare, attraverso l’osservazione funzionale, eventuali anomalie e, predisporre interventi pertinenti. È proprio in questa cornice che si inserisce l’intelligenza pedagogica delle persone coinvolte nel programma di prevenzione. Soltanto un’intelligenza pedagogica, infatti, consente di mettere in discussione le pratiche scolastiche consolidate per adattarle ai bisogni educativi individuati dal test di screening. L’assenza di plasticità da parte degli insegnanti impedisce la piena realizzazione dell’intero programma. Ovviamente qualsiasi intervento che si realizzi a livello terziario implica la messa in discussione di tecniche e metodologie, nonché un’adeguata conoscenza dell’eziologia delle difficoltà di apprendimento scolastico e delle loro caratteristiche. Senza tale consapevolezza verrebbe a mancare qualsiasi presupposto per la realizzazione di un programma di prevenzione pedagogica. 


La prevenzione pedagogica delle difficoltà di apprendimento scolastico lavora principalmente con bambini d’età compresa tra i 4 e i 6 anni e oggetto della sua indagine sono essenzialmente i requisiti per l’apprendimento della letto-scrittura e del calcolo. Già a partire dai 4 anni è possibile individuare una serie di indicatori utili per l’identificazione precoce di alcune difficoltà (possibili) future. Qualora si riscontrano lacune in una o più aree deputate agli apprendimenti scolastici è utile lavorare sull’ambiente (atteggiamenti, strategie, proposte, stimoli) per prevenire l’insorgenza di eventuali problematiche ben più consistenti. 


Affinché il programma di prevenzione pedagogica possa avere esito positivo è altresì importante la conoscenza delle tappe di sviluppo “normale” del bambino nella fascia d’età tre-sei anni e delle competenze possedute in tale periodo; tali informazioni consentono di individuare una serie di indicatori che potrebbero avere valore predittivo di difficoltà di apprendimento o di disturbi specifici di apprendimento.


Ciascun insegnante della scuola dell’infanzia e primaria dovrebbe disporre di tali conoscenze per poter progettare un’azione didattica pertinente e dotata di senso.






[1] Cfr. P. CRISPIANI, Pedagogia clinica. La pedagogia sul campo, tra scienza e professione, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (BG), 2001.

LA PREVENZIONE PEDAGOGICA COME ITINERARIO DI LAVORO

Ispirata dai principi pedagogici e metodologici ideati da personaggi illustri del mondo della pedagogia come J. M. Itard[i], M. Montessori[ii], E. Claparéde[iii], negli ultimi anni, attraverso una continua attività di ricerca-azione mutuata dal lavoro quotidiano nell’ambito della clinica e della scuola, ha elaborato con maggiore determinazione la convinzione che qualsiasi intervento educativo deve necessariamente tener conto della pluralità dei casi  e dell’importanza di un’accurata pratica valutativa per riuscire a cogliere la singolarità delle diverse situazioni.
Il confronto tra esperienze di insegnamento, maturate in contesti territoriali molto diversi tra loro, ha portato in luce, o quanto meno reso più evidente e consapevole, l’atteggiamento purtroppo diffuso e latente in numerose realtà scolastiche che porta a trascurare le differenze individuali e le modalità di costruzione della conoscenza di ognuno. Le lezioni vengono quotidianamente presentate in aula soltanto perché dettate da una necessità ministeriale e senza considerare che, al di là di qualsiasi imperativo, possono esservi bisogni educativi e formativi ben più ampi, ai quali non sempre la scuola riesce a rispondere con efficacia. Questa pratica porta a trascurare che qualsiasi apprendimento implica la piena padronanza di concetti e competenze che si collocano al livello inferiore e senza i quali nessuna conoscenza successiva può essere costruita.
Le abilità di base, comunemente dette prerequisiti, vengono affrontate con superficialità ritenendo prioritaria l’acquisizione dei meccanismi della letto-scrittura e del calcolo. Così nelle prime fasi della scolarizzazione primaria, dopo valutazioni e osservazioni condotte con frettolosità e poca oggettività, le classi vengono formate e finalmente il “programma” ha inizio. La scuola italiana ha dunque fretta: ha fretta di insegnare a leggere e scrivere, ha fretta di utilizzare i quaderni, ha fretta di scolarizzare i bambini. La scuola, così concepita, appare allora come una gabbia in cui poco è lo spazio lasciato al gioco, al piacere della scoperta, al movimento.
Si dimentica l’eredità montessoriana della spontaneità del bambino, del suo impulso naturale ad agire e conoscere. I bambini desiderano conoscere e sapere, domandano e ricercano, pensano e immaginano: le menti in via di sviluppo hanno l’avidità di un corpo affamato. Maria Montessori affermava che la scuola deve essere vivificata da uno spirito nuovo, deve essere animata da un maestro saggio, più saggio di qualunque altro individuo umano, che conosce e rispetta le leggi dell’educazione.[iv]
Rispetto quindi per i ritmi e le modalità di apprendimento, rispetto per le particolarità dei singoli.
Un errore che invece solitamente viene commesso è che quando il bambino entra nella scuola primaria  si comincia a pensarlo come capace di tutto: contare, leggere, scrivere, imparare la storia, capire concetti, contenuti. Si dimentica quindi che alla base degli apprendimenti complessi sottendono abilità prerequisite, la cui dismaturità può compromettere o rendere difficoltoso l’intero processo di apprendimento. Se è vera l’idea bruneriana[v] che è possibile imparare qualunque cosa a qualsiasi età, è pur vero che specifiche conoscenze il bambino le interiorizza soltanto nel momento in cui ha maturato e padroneggia le abilità di base.
Di tutto ciò la scuola non può non tenerne conto. Questo risulta di  importanza cruciale per gli insegnanti dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia i quali, in virtù delle nuove disposizioni ministeriali circa la possibilità di anticipare l’ingresso nel mondo delle primaria, si ritrovano nella condizione di dover effettuare delle osservazioni sulle reali competenze  possedute dagli alunni


[i] Cfr. P. CRISPIANI, Itard e la pedagogia clinica, Tecnodid Editrice, Napoli, 1998.
[ii] Cfr. C. TORNAR, Attualità scientifica della pedagogia di Maria Montessori, Anicia, Roma, 1990.
[iii] Cfr. E. CLAPARÈDE, Pedagogia sperimentale: i metodi, Giunti-Barbera, Firenze, 1971.
[iv] Cfr. A. SCOCCHERA, Maria Montessori. Il metodo del bambino e la formazione dell’uomo, Opera Nazionale Montessori, Roma.
[v] Cfr. J. BRUNER, La cultura dell’educazione, Feltrinelli Editore, Milano, 2006.